La nuova normativa in tema di deducibilità degli interessi passivi per i soggetti Ires (Art. 96 del DPR 917/86) mi porta a fare qui alcune brevi riflessioni su una particolarità del meccanismo di calcolo.
Le mie riflessioni precedono qualsiasi intervento dell’Agenzia delle Entrate (che dunque potrebbe avere opposto parere) e qualsiasi eventuale intervento “alleviante” da parte del Governo, vista la incombente crisi dei mercati finanziari.
In particolare prendo spunto da un articolo apparso su una autorevole rivista fiscale (Corriere Tributario) circa la considerazione di quali interessi attivi considerare a scomputo degli interessi passivi prima del noto confronto con il 30% del ROL.
In quell’articolo si afferma che tra gli interessi attivi non possono essere considerati quelli impliciti su crediti commerciali quando il termine di pagamento sia inferiore all’anno. Tali invece potrebbero essere considerati quelli attivi scomputati da crediti commerciali di durata superiore a dodici mesi.
A ragione di ciò l’Autore pone sia una presunta portata della norma (che invece è chiara e non distingue i crediti per durata) che il principio contabile OIC 15, che al suo paragrafo D.III, spiega la attualizzazione dei crediti commerciali in particolari casi.
Orbene giungo ora dalla lettura della norma, dell’articolo di dottrina e del principio contabile OIC 15 e sinceramente devo affermare la mia contrarietà ad escludere dal calcolo ex art. 96 del Tuir gli interessi attivi su crediti commerciali a breve termine, intendendo con ciò quelli di durata inferiore a 12 mesi.
Il mio modesto giudizio si basa sulle seguenti considerazioni:
1) Il principio contabile OIC 15 esordisce affermando che i crediti sono “disponibilità di denaro a termine” e prosegue definendoli poi “immobilizzo finanziario”. Da questi due concetti traspare con evidenza, dato il normale funzionamento dei mercati finanziari, che il denaro ha un valore nel tempo… che sia per una durata di un giorno (per esempio si pensi al “denaro caldo”, certo non gratuito) o sia di dieci anni. E dunque un valore finanziario deve comunque essere attribuito ad una dilazione anche di 30 giorni, ad esempio, e non solo nel caso in cui il termine di pagamento sia superiore all’anno. Si andrebbe contro qualsiasi logica di funzionamento dei mercati finanziari. E ciò anche quando l'origine del credito non sia da individuare in una causa finanziaria, ma in una normale transazione commerciale.
2) Il principio contabile impone lo scomputo dell’interesse implicito dai crediti quando questi abbiano scadenza superiore all’anno. Questa non può essere intesa come affermazione che crediti di più corta durata superino il concetto di “valore del denaro nel tempo” e dunque siano privi di un interesse implicito. I principi contabili hanno uno scopo primario di integrazione del Codice Civile nei compiti di rappresentazione contabile. Essi reputo dunque che richiedano la separata contabilizzazione solo per i crediti di durata superiore all’anno, in ossequio:
A) al principio di significatività dell’informazione per il fruitore del bilancio (seppur comunque anche qui vi sarebbe da commentare);
B) avuto comunque riguardo alla particolarità del sistema italiano dove dilazioni di alcuni mesi sono comunque normali e diffuse ampiamente, rendendo dunque omogeneo (per settori) il panorama dei bilanci.
3) Quando i principi contabili affrontano tecnicamente lo scomputo dell’interesse implicito per i crediti oltre 12 mesi considerano anche i primi 12 mesi di vita del credito stesso, ammettendone dunque direttamente la non gratuità per quel periodo. Altrimenti avrebbero dovuto imporre il calcolo sul solo periodo eccedente.
4) Il principio contabile recita in proposito della scelta del tasso di attualizzazione: “… al tasso di interesse di mercato prevalente per il finanziamento di crediti con dilazione ed altri termini e caratteristiche similari”. Letto ciò, affermare che i crediti di durata inferiore ad un anno siano privi di un interesse implicito vorrebbe dire che tali crediti dovrebbero poter essere finanziati sul mercato (es. castelletti) a costo zero; così non è.
In sintesi la transazione attiva dell'imprenditore è attinente all'aspetto economico (ricavo) dell'operazione e deve essere misurato nella dimensione commerciale. La regolazione del flusso di cassa (incasso) è attinente all'aspetto finanziario e dovrà misurarsi nella dimensione finanziaria, avuto riferimento al mercato finanziario, con le regole proprie di quel mercato, interessi compresi, anche su brevi periodi. Come detto in precedenza lo stesso principio contabile ci dice che i crediti sono "immobilizzi finanziari".
Staccandosi dal principio contabile OIC 15 ed affrontando il problema dal punto di vista pragmatico si possono fare ulteriori considerazioni:
1) le metodologie di formazione dei prezzi delle imprese (moltiplicatori o divisori) sono la maggior parte delle volte comprensive di maggiorazioni per il pagamento dilazionato anche solo di qualche mese, proprio per coprire finanziariamente “il termine”.
2) Le condizioni contrattuali concesse prevedono a volte, anche magari solo in fattura, uno “sconto pagamento pronta cassa” e ciò non solo quando le sottostanti condizioni normali prevedrebbero pagamenti a termine superiori ai 12 mesi, ma anche quando la dilazione normale sarebbe di solo qualche mese. E’ dunque riconosciuto un “valore del denaro nel tempo” anche quando si parla di comuni crediti commerciali di durata inferiore all’anno.
3) Non risolutivamente è poi comunque da tenere in considerazione che quando il Legislatore ha voluto introdurre discrimini tra diverse fattispecie lo ha fatto chiaramente. Qui la norma (art. 96 Tuir) parla di crediti commerciali non escludendone nessuno.
Giungo dunque a mio modesto avviso a concludere che non si possa prescindere dal considerare anche gli interessi attivi su crediti commerciali a breve termine dal calcolo di cui all’art. 96 del Tuir.
Un calcolo dunque laborioso per i contribuenti che vorranno sfruttare tutte le opportunità di risparmio fiscale, ma che potrebbe portare a notevoli benefici annullando o neutralizzando almeno parzialmente la temuta indeducibilità.
L'Agenzia delle Entrate potrà certamente nascondere ragioni di gettito dietro un eventuale parere differente, ma dubito che possa sensatamente negare un valore temporale al denaro anche sol per un giorno.
Resto in attesa di pronunciamenti ufficiali, modifiche normative e/o altri interventi di dottrina.